Sculture nel profondo

Conosciuto in tutto il mondo, Kris Kuksi ha mosso i primi passi da un mondo isolato e stretto grazie a un’immaginazione potentissima. Le sue sculture esplorano il lato più oscuro della psiche umana e l’idea della decadenza. Attingono a immagini e miti classici e religiosi creando universi paralleli e bellissimi. Difficile coglierli per intero guardando a distanza. Ogni sua opera è un invito ad avvicinarsi, e a penetrare nei dettagli.

Tra le prime gallerie fotografiche pubblicate sulla nostra pagina facebook, nel lontano 2012 ce ne fu una dedicata a Kris Kuksi, artista contemporaneo e creatore di mondi fantastici i cui lavori ci avevano immediatamente e completamente ammaliate. Avremmo voluto e dovuto tornarci molte volte, sul suo lavoro, ma poi un post via l’altro e ce ne siamo quasi scordate, fino a questa sera, almeno, che la voglia di riguardare i suoi lavori è tornata a farsi sentire con forza. Così ho deciso di assecondarla, e non mi sono limitata a guardare, ho anche cercato informazioni online (che nel suo caso abbondano) per scriverne un micro-ritratto. Che è quello che segue.

Kris Kuksi è nato a Springfield, Missouri, il 2 marzo del 1973. La sua infanzia, trascorsa solitaria e avulsa da qualsiasi tipo di stimolo esterno, in una famiglia poco armoniosa, composta da una madre impegnata nel suo lavoro di operaia, due fratelli parecchio più grandi e un padre assente, costituisce lo sprone a rifugiarsi in un mondo fantastico, immaginario, dominato da giochi come i lego, navi spaziali e castelli, ma anche dal primo contatto con materiali da costruzione di vario tipo, come ad esempio i mattoni sottratti a un fienile fatiscente per iniziare a elaborare i primi diorami e paesaggi. La risposta a una vita culturalmente poco stimolante e sempre uguale a se stessa sono mondi ricchissimi e complessi, che lentamente iniziano a prendere forma anche grazie al percorso di studi intrapreso, frequentando corsi non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia e in Germania.

Le ispirazioni sono quelle dell’arte e dell’architettura barocca, rococò e gotica che, non di rado, dialogano con le architetture moderne, industriali. I riferimenti culturali sono collocati in un mondo antico nel quale risaltano i nomi di Bernini, Bosch e Bruegel – ma anche Giger, in un’epoca più vicina –, coi loro paesaggi infernali, le figure contorte, l’edonismo e anche – per chi guarda – il senso di infinita sorpresa di trovarsi sempre di fronte a un qualcosa di nuovo, perché ogni volta si coglie un dettaglio che era passato inosservato, una figura che non si era neppure notata e che improvvisamente assume un significato e una vita propria.

 

I temi della sua opera – prima pittorica e poi scultoria – sono molteplici, ma forse la loro cifra comune è la rappresentazione della decadenza, e forse la ribellione alla decadenza stessa. Sul sito dell’autore sono in parte sintetizzati, come una sequenza di fragilità e caducità, conquiste immaginate, sesso e morte, l’ybris dell’eroe e la sua disfatta, l’introspezione e l’oblio, e poi ancora i personaggi tragici che stanno a indicare gli errori e le colpe di cui l’umanità continua a macchiarsi, e guerrieri, profeti, mistici, bambini… Nelle sculture di Kuksi c’è questo e molto altro. Come il senso di perdita – di una persona cara o delle libertà civili –, la visione di un futuro tutt’altro che roseo, pericoloso, dominato dall’ascesa dei fondamentalismi e delle dittature, e dall’esaurimento delle risorse naturali…

Leggendo la sua biografia online mi ha colpito un dettaglio, la scintilla dell’ispirazione a Kris Kuksi arriva in genere nelle prime ore del mattino, l’ora che ho sempre pensato sia la più fruttuosa per l’immaginazione. Anche i profeti, d’altra parte, ricevevano le proprie visioni in quel momento, quando la notte si addormentava per lasciar posto alle prime luci dell’aurora e dell’alba.

Al di là dell’immaginazione, c’è poi il lavoro speso nella realizzazione e, osservando un qualsiasi lavoro di Kuksi ci si rende conto del fatto che è un’operazione lunga e meticolosa, dove ogni scultura può richiedere ore, giorni, settimane o anche mesi di impegno. Perché questo mondo gorgogliante che è l’immaginazione va concretizzato, strutturato, plasmato. E ne entra a far parte un po’ di tutto: oggetti raccolti da ogni parte del mondo, statuette, gioielli, animali di plastica, gingilli di vario tipo pazientemente raccolti e catalogati, tenuti da parte per il momento buono, quando verranno assemblati insieme a mille altri oggetti per ottenere una composizione che è armonica e labirintica al tempo stesso.

E la morte, cosa c’entra in tutto questo? Secondo me molto, al di là dei soggetti raffigurati, che comunque spesso parlano da sé. La morte è un qualcosa di permeante, è il risultato della decadenza, della caducità, della fragilità. Ed è anche, probabilmente, il motore di un’immaginazione potentissima, che è riuscita a sfuggire all’isolamento del mondo rurale creando universi.

di Silvia Ceriani

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