Le trame di Aracne

Metti un inverno freddissimo. Vietato respirare l’aria. Sapresti cosa fare? Britt Hutchinson ha trasformato la noia in creatività. Mano ago e filo ed eccoli: centinaia di scheletri, da soli, in coppia, appesi a un cappio, col cuore trafitto, innamorati! In un lavoro bello, delicato e innovativo.

Ogni tanto mi vien da pensare che sia un peccato non aver imparato da mia nonna tutte le cose che sapeva fare. Gli gnocchi, la pasta frolla per la crostata, i ricami. Mi sembrava inutile specializzarmi nell’arte di fabbricare centrini, presine, motivi di vario tipo da inserire sugli asciugamani. E penso che anche Britt Hutchinson fosse nelle mie stesse condizioni finché, un giorno, ispirata da un inverno particolarmente rigido, non decise di imparare.

Britt è una giovane statunitense del tipo “alternativo”: biondina, tatuata, apprezza il Codex Seraphinianus e vive a Chicago, dove gli inverni possono essere estremamente rigidi. Nel 2013, in particolare, il termometro segnava quasi costantemente i -30 gradi, impedendo di fatto ogni attività all’aria aperta. In una situazione del genere puoi appiattirti nella noia o decidere di fare qualcosa di completamente diverso, di imparare da 0 a lavorare in maniera creativa, con materiali non troppo costosi. Ecco che Britt sceglie il ricamo, e ci si mette d’impegno, riuscendo a dare un contributo innovativo a un’arte antica, che esiste perlomeno dai tempi di Aracne.

Il suo lavoro è fresco, bellissimo, e la scelta cade su un soggetto che ci è particolarmente caro: Britt infatti non realizza lavori con fiorellini o uccelletti, ma con tanti meravigliosi scheletri che decide di pubblicare su Instagram – una soluzione pratica e veloce per mostrare i propri progressi anche sotto lo zero termico. Ed è così che, in primavera, un negozio le offre la possibilità di esporre e vendere il prodotto della stagione invernale. Da quel momento in avanti, il successo è incontrollabile: i suoi lavori piacciono, i social impazziscono per lei, e c’è quella cosa che dà tanta euforia, il non avere lavori a sufficienza per soddisfare la pioggia di richieste… Una cosa non da poco, se si tiene conto del fatto che il fattore tempo è davvero determinante, in un lavoro così: a volte dopo 10 ore o più di lavoro non hai altro che l’abbozzo di uno scheletrino, e puoi farti prendere dallo sconforto, ma poi, quando dopo il doppio del tempo vedi che hai per le mani un lavoro bello e prezioso, be’, allora cambia tutto.

 

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Ma veniamo ai lavori di Britt, che sono la cosa più importante. Abbiamo detto scheletri, e scheletri siano! Iniziamo da Mother Earth, dove il nostro protagonista è inscritto in un ovale (come il mondo, l’arcano numero XXI dei Tarocchi), e tiene tra le braccia una spiga di grano e un serpentello. Altri due serpentelli sono nei piatti della bilancia che svetta in cima alla composizione, impreziosita da fiorellini, il sole e la luna, soffici nuvole.

Un altro lavoro che mi piace molto raffigura una coppia teneramente abbracciata nel buio della notte. Li illuminano le stelle e la luna, oltre a qualche cero ormai consumato. Il loro sguardo non è esattamente il massimo, a livello di espressività, e comunque suscitano una tenerezza incredibile. Ve li propongo anche a lavorazione appena iniziata, quando mano ago e filo devono ancora compiere il loro miracolo, ma già si scorge la bellezza e la preziosità della trama.

E poi ce ne sono mille altri: scheletrini aureolati con in mano rose scarlatte, scheletrini neri che recano anch’essi rose e missive d’amore, scheletri che fumano, cuori trafitti, scheletri col capo coronato di rose… Le possibilità sono infinite, e anche i significati di queste delicate immagini. Possono rappresentare la fine di un amore, la fine, o anche un mondo gioioso e pieno di bellezza. A ognuno la sua opzione preferita.

Vi lascio così, invitandovi a ingrandire le immagini e a innamorarvi di quel che fa Britt. Per ora so che non è possibile ordinarle alcunché, ma probabilmente in futuro sì. E dunque le nostre case potranno riprendere a essere invase da questi stupendi ricami.

di Silvia Ceriani

 

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